L’arminuta – Donatella Di Pietrantonio Recensione

2 Febbraio 2019 0 Di Rosalba
Book Cover: L'arminuta - Donatella Di Pietrantonio Recensione

Miei cari Book Lovers, oggi vi parlo di un libro che ho amato moltissimo, l’Arminuta, che nel dialetto abruzzese significa “ritornata”. La protagonista infatti vive la sua vita come se fosse un pacco, abbandonata due volte, vive un senso di smarrimento e solitudine che colpiscono il lettore dritto al cuore. Venite a leggere la mia recensione.

 

Sinossi

Ci sono romanzi che toccano corde così profonde, originarie, che sembrano chiamarci per nome. È quello che accade con L’Arminuta fin dalla prima pagina, quando la protagonista, con una valigia in mano e una sacca di scarpe nell'altra, suona a una porta sconosciuta. Ad aprirle, sua sorella Adriana, gli occhi stropicciati, le trecce sfatte: non si sono mai viste prima. Inizia così questa storia dirompente e ammaliatrice: con una ragazzina che da un giorno all'altro perde tutto – una casa confortevole, le amiche più care, l’affetto incondizionato dei genitori. O meglio, di quelli che credeva i suoi genitori. Per «l’Arminuta» (la ritornata), come la chiamano i compagni, comincia una nuova e diversissima vita. La casa è piccola, buia, ci sono fratelli dappertutto e poco cibo sul tavolo.

 

 

 

“Nel tempo ho perso anche quell'idea confusa di normalità e oggi davvero ignoro che luogo sia una madre. Mi manca come può mancare la salute, un riparo, una certezza. È un vuoto persistente, che conosco ma non supero. Gira la testa a guardarci dentro.”

Quando la madre la abbandona a sei mesi, donandola ad una cugina, la protagonista cresce in un ambiente agiato, pieno di affetto e attenzioni, non le manca niente. Ma a tredici anni, Adalgisa, la riconsegna alla madre naturale senza darle alcuna spiegazione, quindi dalla città si trasferisce in paese dove diventa l’Arminuta ovvero la ritornata. Non è per niente facile per lei affrontare l’abbandono, si trova catapultata in una famiglia numerosa e nella miseria. L’unica a darle conforto è sua sorella Adriana e un po’ anche il fratello maggiore Vincenzo, gli altri fratelli invece la trattano con sufficienza.

“Ogni sera mi prestava una pianta del piede da tenere sulla guancia. Non avevo altro, in quel buio popolato di fiati.”

La parola madre per lei perde significato, non riesce a comprendere come si possa abbandonare una figlia e, vedendo l’indifferenza della madre naturale nei suoi confronti, si sente un peso, una nullità.

“Non l’ho mai chiamata, per anni. Da quando le sono stata restituita, la parola mamma si è annidata nella mia gola come un rospo che non è più saltato fuori. Se dovevo rivolgermi a lei con urgenza, cercavo di catturarne l’attenzione in diversi modi.”

Durante la narrazione verranno svelati i motivi di questo abbandono, la sofferenza della protagonista diventerà tale da entrare sotto pelle. Un romanzo sulla famiglia, sulla difficoltà di avere una famiglia numerosa, sulla sorellanza, un libro che lascia il segno, una storia che rimarrà nei cuori dei lettori per parecchio tempo.

Vincitore del premio Campiello 2017, l’Arminuta è stato definito un libro sulla resistenza al dolore di esistere e sulla resilienza. Un romanzo sicuramente da leggere.

“Ripetevo la parola mamma cento volte, finché perdeva ogni senso ed era solo una ginnastica delle labbra. Restavo orfana di due madri viventi. Una mi aveva ceduta con il suo latte ancora sulla lingua, l’altra mi aveva restituita a tredici anni. Ero figlia di separazioni, parentele false o taciute, distanze. Non sapevo più da chi provenivo.”